TAPPA VENTIDUE Capoiale – Peschici
Si dice che nel ’15 Charlie Chaplin partecipò ad un concorso per sosia di Charlie Chaplin ed arrivò terzo. Ho sempre pensato che fosse una balla; fino a ieri. Con 30 gradi gia alle 7.30 del mattino scollo con uno sforzo abnorme la faccia dal letto e mi guardo allo specchio, quello che c’é riflesso é una faccia con due ciuffi rossi sul capo e totalmente liquefatta con le vaghe sembianze di me stesso. Tipo gli orologi di dalì. Ecco, ad un concorso per sosia di me stesso non arriverei neanche alle semifinali. Troppo caldo!
Ma nonostante tutto bisogna partire. Saluto i cagnoloni spossati dal sole e mi piange il cuore nel toglier loro l’ombra proiettata dal nostro camper, dove dormivano beati.
Prima di raggiungere la tappa di pranzo devo riempire la bombola del gas, altrimenti ciao frigo, ciao cibo, ciao vita. Arrivato al benzinaio parlo confusamente di bombole, gas per frigo e fornelli. Loro mi guardano come un pollo da spennare capendo che sono totalmente ignorante in materia, ma la mia sincerità scatena in loro una latente simpatia: alzo le mani e dico “ragà non ce capisco ‘na mazza, so si e no come me chiamo, ma devo riempì stà bombola sennò c’avete tre morti de stenti sulla coscienza”. Mi aiutano e tutto va come deve andare. Raggiungo gli altri, mangiamo e poi cerchiamo un posto all’ombra per riposare.
In passato ci siamo appellati a diversi dei per aiutarci nel cammino, per questo giro ci affidiamo ad Eolo, dio del vento; ma forse ha esaurito tutta la sua magnanimità con Ulisse, bloccandogli tutti i venti a sfavore per la rotta verso Itaca. Rimaniamo quindi all’afa dell’aria piatta.
Riposino e si riparte.
Bukowski nella poesia “style” dice che fare una cosa noiosa con stile é meglio che fare una cosa pericolosa senza stile. Bene, il camper ha stile in abbondanza e quindi fare la statale bella dritta e noiosa é meglio di mille tornanti con una macchina anonima. Ma poi continua con “fare una cosa pericolosa con stile é quello che chiamo arte”. Bene, per arrivare a Peschici, tappa finale di ieri, credo di aver creato arte: attraverso una fitta rete di viuzze capillari e strette e ad ogni curva rischio di raschiare il camper, vorrei avere mille occhi per poter controllare ogni angolo, ed ogni individuo col quale incrocio gli occhi mi guarda con volto drammatico.
Un uomo cade dal 40esimo piano di un palazzo e mentre cade superando ogni piano si ripete “fin qui tutto bene, fin qui tutto bene”. Non capisce che il problema non é la caduta, ma l’atterraggio. Allo stesso modo nelle sopracitate viuzze io mi ripeto “tutto bene” ma la caduta é dietro l’angolo; letteralmente! Se non fosse per un tizio sulla moto che ha iniziato a suonarmi all’impazzata avrei clamorosamente rigato la fiancata del camper.
Ma anche oggi tutto é bene quel che finisce bene e tutti insieme ci godiamo il tramonto che scende sull’arroccata Peschici, sognando la doccia che ci aspetta in campeggio.
Leo
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