TAPPA TRENTACINQUE Torre dell’Orso – Otranto
Inevitabile e forse tardivo, ecco il primo contrasto. Sono le 7.30 quando, in assoluto silenzio, ci allontaniamo dalla battigia per tornare in mare aperto. Un unico kayak a sorreggere i nostri vicendevoli risentimenti. Collaboriamo riluttanti, remando in sincronia, senza però comunicare in alcun modo. Stringo a lungo e con forza, pagaia ed orgoglio, ampliando così le distanze, fino a sentirmi tanto lontano da Lorenzo quanto dalla quieta Baia di Torre dell’Orso. Nemmeno l’aria è disposta a mostrare, in controtendenza, una timida traccia d’estate, assecondandoci invece pensante e fredda. È il vento, che con prepotenza ci dissuade dalle nostre posizioni. Aizza il mare che agitandosi sballotta imprevedibilmente il kayak ora a destra, ora a sinistra. La necessità spezza il silenzio, forza la collaborazione, e ci obbliga a trattare una resa tra noi. Rapidamente, e senza guanti, ognuno urla contro il vento le sue ragioni e in pochi secondi torniamo fratelli. Torniamo in due su quel kayak: il furbetto ed io, il suo fratellone, di nuovo un team solo.
Il mare peró, insensibile al lieto fine, decide di non scontarci nulla presentandoci all’istante una nuova difficoltà. Le onde provenienti da poppa diventano ingestibili, minano il nostro equilibrio e ci costringono ad aguzzare lo sguardo per cercare il primo attracco utile, comunque troppo lontano, data la scomodità dell’insicura situazione. È Otranto ad offrirci asilo, e noi, un po’ frettolosamente, accettiamo inconsapevoli. Vabbè vedremo, per ora è giusto riposare nella ritrovata pace.
MAMMA VADO IN KAYAK