TAPPA QUARANTASETTE  Lido Sant’Angelo – Cariati

C’è una diatriba interna che mi trascino da mesi. È nata dalla cinica osservazione di un amico: “se fai una scelta, non ti puoi MAI dispiacere per ciò che comporta”. Di per se il ragionamento più che spietato, sembra solo e soltanto logico. Per capirne la disagiante freddezza che ne deriva dovete quindi andare oltre, immedesimandovi per esempio in una determinata situazione per poi estremizzarla.
Volete diventare medici, ingegneri o avvocati?! Dovrete sacrificare del tempo, specie in sessione esame. Sacrificherete momenti che potreste dedicare alla famiglia, agli amici, o a qualsiasi altra piacevole attività, ma, secondo questo assioma, non potrete comunque dispiacervi.
Tutto ciò, proprio perchè ciò che soffrirete sarà la scontata conseguenza di una vostra scelta. Un disagio, certo, ma ad ogni modo figlio legittimo delle vostre ambizioni e per questo dispiacersi potrebbe risultare, secondo questa filosofia, ipocrita.
Forse non è estremo abbastanza. Pensate allora a chi ha fatto carriera, ma allo stesso modo ha dovuto conciliare il proprio poco tempo con la famiglia.
Ve la sentireste di vietargli il dispiacere per quegli attimi persi, che non ha potuto trascorrere con i propri figli, nel tentativo di crescerli dignitosamente rincorrendo contemporaneamente le proprie ambizioni?!
Una lotta interna a mio avviso sensata, che probabilmente non troverà mai una soluzione in grado di dare pace all’animo di chi la vive.
C’è però un palliativo. Io lo chiamo: “dispiacersi senza piangere”, con consapevolezza insomma.
È l’atto cosciente di chi persegue la sua scelta cercando di trasmettere a chi ne fa le spese il sacrificio che ha richiesto. È un incontrarsi a metà strada. È un “essere presenti” alle volte meno fisico ma forse più intimo, perchè richiede intesa.