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Fiumicino

TAPPA OTTANTAQUATTRO  Sabaudia – Torre Astura

A torre Astura è gia buio quando il kayak scivola lentamente sulla battigia arenandosi. Un puntino rosso si avvicina nella notte: Angelo fuma ancora. Quando si fa più vicino lo osservo prima di dargli il giusto benvenuto. È proprio lui: oltremodo secco. Angelo è un amico di università. Ok è una definizione un po’ piatta e comoda, insomma ci siamo conosciuti li, seppur lui ha poi deciso di abbandonarla presto. Da allora lo sento poco e lo vedo meno, ma questo non ha in alcun modo intaccato la bontà e la profondità di un rapporto che vale. A novembre dello scorso anno mentre rassettavo la mia piccola stanza d’ostello nel centro di Dar es Salaam (Tanzania), ricevetti una telefonata bellissima, il cui riassunto è circa questo: “Ciao Giulio, parto di nuovo, questa volta per il Sud America”.

A beneficio dei lettori vorrei cercare di fare chiarezza sul personaggio. Dopo aver lasciato l’università Angelo ha vissuto come uno Yo-Yo, quelle rotelle rimbalzine che sfidano la gravità arrotolandosi intorno a un filo per poi lasciarsi andare di nuovi verso terra.

Irlanda, Germania, lavoro stabile, licenziamento, cammino di Santiago, ritorno (a sorpresa proprio a casa mia il 23 dicembre di qualche anno fa), di nuovo lavoro stabile, di nuovo licenziamento e poi il Sud America.

La sequenza sembrerebbe, per buonsenso dover finire qui, invece, proprio da qui ha inizio la parte migliore. Nell’ultimo anno Angelo ha vagato in largo e in lungo seguendo il solo filo della curiosità consumando i suoi risparmi e fermandosi a lavorare laddove necessario. Argentina, Cile, Perù, Bolivia, Paraguay, Uruguay, Colombia, da li gli States in Nevada, per poi catapultarsi in Sud Corea ed ancora Mongolia, Russia, e di nuovo est Europa. La parte che prediligo?! La decisione presa in Romania di diventare il nostro camperista MammaVado perció eccolo qui! Si è portato anche un amico, Enrico e diavolo sono già ai fornelli.

Angelo ha da tempo, molto da raccontare, quindi credo abbia imparato a farlo. Un po’ per questo, un po’ per aver l’onore di pubblicare qualche simpatico aneddoto di questo suo viaggio (se ci farà il favore), ho chiesto a lui di essere il nostro cronista e devo dire che non si è tirato indietro!

Perció beccatevi questo:

“Cominciamo dall’inizio.

Buongiorno a tutti, sono il camperista. Mi illudo che mi perdonerete se salterò i convenevoli, ma avremo tempo di conoscerci durante questa settimana, spero. La sintesi non è uno dei miei doni. O meglio, non sono una di quelle persone che si trova a proprio agio nei 160 caratteri di un tweet. Oggi è il mio primo giorno ufficiale sul camper mammavado e mi sembrava più che naturale partire dall’inizio. Dagli inizi, sarebbe meglio dire.

Il primo, più recente inizio è stato quello di cinque minuti fa, quando ho scritto le prime poche righe di questo post. La scrittura è una cosa per me nuova e, come di fronte ad ogni novità, all’eccitazione del partire si accompagna anche un senso di timore. Già, perché in ogni inizio esiste un momento di paura. Può durare giorni, settimane, mesi o solo un brevissimo istante, ma, in qualsiasi caso, si porta appresso lo stesso peso di un macigno. E’ un momento che non si vede, dall’esterno. Così sfuggevole che ti fa dubitare che sia mai successo, ma che si lascia dietro troppe sensazioni per illudersi di averlo solo immaginato. E’ una rottura nella mente. Un crack di pensiero. Si fanno strada nella testa tutti i dubbi, le fatiche che si prospettano, la paura di fallire o di deludere o, nel peggiore dei casi, i dubbi sull’utilità di quello che si sta iniziando. Tutti gli inizi per me sono stati così. Un momento duro ma prezioso, che ti aiuta a non volare troppo vicino al sole con l’entusiasmo. Ti ridimensiona senza usare gentilezza, ma con un’efficacia ineguagliabile. Ti aiuta a prendere le cose con più calma. Il mio secondo inizio è stato oggi, quando per la prima volta mi sono seduto sul sedile da guidatore di Yoghi, una bambina da diosolosa quanti quintali e metri. Una bambina difficile, spesso capricciosa, ma a cui ti affezioni rapidamente. Anche lì, dopo aver girato il quadro, a motore acceso, mi sono fermato un attimo. Davide, il precedente camperista, probabilmente già su un treno. I fratelli Valli sul Kayak che, pagaiata dopo pagaiata, guadagnano metri verso la loro destinazione e io sul camper. Non avevo mai guidato un camper in vita mia e il bollettino di guerra presentato da Davide non mi ha tranquillizzato. Marcia, via il piede dalla frizione e via. Senza fretta. Già, perché nella mia testa il trucco è sempre stato quello. Fermarsi un attimo a riflettere, ma mai farsi fermare dalla paura di quello che può essere. Purtroppo, non so se sono in grado di trasmettervi quanto grande sia il valore di quell’istante. Nella confusione di tutte le cose a cui non si è pensato e che non si conoscono si apre pian piano la strada della lucidità e della presa di coscienza. Posso farcela. Non importa quanto le cose siano grandi, possiamo farcela. Con calma e tenacia. A tutti noi basterebbe guardare quei due fratelli valtellinesi che, giorno dopo giorno, affrontano il mare. Con calma e con tenacia. Mi ricordo la chiamata fatta a Giulio.

Ero a pochi giorni dal salire sull’aereo che mi avrebbe portato ad iniziare il mio viaggio, poi terminato con l’essere il mio personale giro del mondo.

Mi chiedevo il perché avessi preso quella decisione. Mi chiedevo se fossi completamente fuori di testa. Mi chiedevo quale fosse il senso di quello che stavo per fare. Il piccolo infame momento di paura mi aveva colto impreparato. Neanche gliele ho dette queste cose, perché tutti i miei dubbi sono spariti quando, dal nulla, mi ha detto: “Comunque a Maggio parto. Faccio il giro dell’Italia in Kayak.”

Li mi sono ricordato perché gli scappati di casa come noi fanno le cose. Non c’è nessun punto da provare, nessuna scommessa da vincere. C’è solo la voglia di fare. La voglia di fare esperienze che ti insegnino, ti cambino e ti lascino ricordi indelebili.

La voglia di conoscere. La fame insaziabile di vita che non sparisce mai ma, anzi, torna con forza anche più forte dopo ogni avventura. Lui questo ancora non lo sa, ma tutta la mia gratitudine per avermi ricordato perché facciamo le cose, tutta la mia stima e tutto il mio appoggio erano racchiuse dentro allo scherzoso “Ma sei scemo?” che gli regalai in risposta. E ora sono qui. Un giro del mondo alle spalle e lui ancora è qui a insegnarmi. Mi mostra ancora che decidiamo noi le dimensioni dei nostri sogni. Mi insegna che con calma e tenacia non esiste sfida troppo grande. Mi insegna che la motivazione riguarda te, e te soltanto. Perché nonostante tutto l’appoggio e tutte le persone che si incontrano, a sudare ogni metro ci sei tu. In questo caso specifico, non è del tutto vero. Perché non è solo questa volta.

Non avevo mai avuto la possibilità di conoscere Lorenzo, ma sono stato alunno anche di un ragazzo oggi. Perché non è da tutti. Non so quanti ragazzi, specialmente di questa età (16 anni), avrebbero accettato di abbandonare un’estate intera per partecipare ad un impresa del genere. E se, per me, venticinquenne con la testa da vecchio, era stato difficile lasciare tutto per partire all’insegna di un viaggio che si preannunciava molto meno faticoso, non posso ora fare altro che apprezzare la volontà dimostrata da Lorenzo.

Quindi sono di nuovo qui ad imparare e a ricordare. A imparare a guidare un camper in primis. A ricordare che decidiamo noi quanto in alto mettere l’asticella. A imparare a credere, forse per la prima volta, che tutto sia possibile. A ricordare che non importa quanti “no” ricevi, non importa quante persone ti reputano un folle, la scelta è sempre e comunque tua. La scelta di scegliere, in primis. La scelta di lanciarti fuori dalla tua piccola zona di confort che, con tutte le difficoltà, ti sei costruito. La scelta di non farti fermare da quel piccolo momento. Da quel piccolo momento infame che prova, infido, a farti tremare le gambe e a distoglierti dal tuo obiettivo. Perché alla fine è solo la paura che ti tiene legato a terra, nient’altro. In tutta onestà vi dico, il mondo è più bello quando si impara a sognare.

Quindi sognate amici miei. Sognate come se fosse l’unica cosa che conta.

A presto

Il camperista.

MAMMA VADO IN KAYAK

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